Tribunale di Milano, Sezione Autonoma Misure di Prevenzione, decreto 3 aprile 2024
Il Tribunale di Milano è tornato ad occuparsi del delicato e quanto mai attuale tema della c.d. agevolazione colposa, ai fini dell’applicazione della misura della amministrazione giudiziaria ex art. 34 D.Lvo 159/2011 nei confronti di una società di rilevanti dimensioni, operante nel comparto della moda e del “Made in Italy”.
Nel frangente, il Tribunale ha ritenuto di censurare l’operato della società, ascrivendo a quest’ultima specifici profili di colpa per non avere la stessa adeguatamente controllato la propria catena produttiva e, nella specie, per non avere adottato strumenti volti alla verifica, in concreto, della reale capacità imprenditoriale delle società appaltatrici ed il concreto modus operandi dalle stesse adottate.
In particolare, si legge nel decreto in commento, è stato riscontrato che negli stabilimenti produttivi la lavorazione avveniva “in condizione di sfruttamento (pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri), in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione) nonché ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico”.
Su questa premessa, il Tribunale ha ricordato che l’applicazione della misura dell’amministrazione giudiziaria ha quale presupposto, tra il resto, “la ricorrenza di sufficienti indizi per ritenere che il libero esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle imprenditoriali, abbia carattere ausiliario ed agevolatorio rispetto all’attività di persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una misura di prevenzione ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti elencati in seguito, tra cui quello di intermediazione illecita e sfruttamento di lavoro ex art. 603-bis c.p.”.
Pertanto, ha ritenuto di ravvisare profili di rimproverabilità colposa in capo alla società scrutinata, ciò per l’intervenuta violazione di normali regole di prudenza e di buona amministrazione imprenditoriale, certamente esigibili nel caso di specie.
Nell’ottica del Tribunale, hanno assunto rilievo le accertate carenze dei modelli organizzativi ai sensi del D.Lgs. 231/2001 e le falle rinvenute nel sistema di internal audit, quali fattori in grado di agevolare (colposamente) la condotta dei soggetti terzi, ai quali è stata separatamente contestata la commissione del reato di cui all’art. 603-bis c.p.
Secondo l’iter logico-argomentativo seguito dal Tribunale, dall’affermata inidoneità degli assetti organizzativi e di controllo è dipesa l’omessa o insufficiente verifica, in concreto, della sottostante catena produttiva e, segnatamente, delle reali capacità imprenditoriali dei soggetti con cui la società medesima aveva stipulato contratti di fornitura, nonché delle condizioni lavorative e degli ambienti di lavoro apprestate da quest’ultimi.
È dunque l’inerzia a giustificare, in ultima analisi, la censura mossa dal Tribunale ed a costituire al contempo il presupposto del rimprovero colposo nei confronti della società, ritenuta responsabile di avere in tal modo realizzato la condotta agevolatrice richiesta dalla fattispecie di cui all’art. 34 D. Lgs. 159/2011 per l’applicazione della misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria.
Per ciò che riguarda le concrete modalità esecutive della misura, il Collegio giudicante, in osservanza del criterio di proporzionalità fra la situazione concretamente accertata e l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale in oggetto, ha optato per “un intervento nella gestione societaria non implicante necessariamente l’impossessamento totale dell’attività di impresa e l’assunzione integrale dei poteri di gestione, prevedendosi la facoltà e non l’obbligo per l’amministratore giudiziario di esercitare i poteri spettanti agli organi di amministrazione e agli organi sociali secondo le modalità stabilite dal Tribunale”.
Per tali ragioni, avuto riguardo al fatto che il procedimento riguardava un’impresa rappresentativa del “Made in Italy”, rilevante sul piano dimensionale, il Tribunale ha modulato l’applicazione della misura di prevenzione “in modo da assicurare il controllo da parte del Tribunale sugli organi gestori, nel contempo lasciando il normale esercizio di impresa in capo agli organi di amministrazione societaria”, sul condivisibile presupposto che il ricorso all’amministrazione giudiziaria debba essere orientato alla tutela dell’attività imprenditoriale e della sua trasparenza.
La pronuncia del Tribunale di Milano si pone nel solco della giurisprudenza di merito che, in ottica di prevenzione di fenomeni criminali, tende ad estendere gli obblighi di verifica, valutazione e controllo della società al di là della gestione ordinaria dell’impresa e dei propri assets, sino a ricomprendere l’intera catena produttiva, con un approccio dunque integrato.
Ne discende non solo l’opportunità, ma il dovere per l’imprese di modulare conseguentemente i propri assetti organizzativi e funzionali ed in particolare di dotarsi, ovvero di implementare, il MOG ex D. Lgs. n. 231 del 2001, ampliandone la portata applicativa, secondo un approccio multidisciplinare, inclusivo, a seconda del contesto, delle aree giuslavoristica, finanziaria, legale, commerciale, tecnologica ed ambientale, avuto riguardo all’ampia gamma dei reati-presupposto.